Poetica

 

Pittrice. Artista visiva. Designer mancata.

Indaga la sospensione umana nel contemporaneo. Predilige la pittura.

Ama il colore. Lo coltiva nel quotidiano e lo raccoglie su tela.

Attratta dalla contaminazione e sensibilità.  Abbraccia Jodorowsky e mondi sognanti.

 

 

All’attivo numerose personali e collettive.

Di me, lascio parlare le mie opere. Delle mie opere  lascio parlare chi ha captato in profondità il mio lavoro di ricerca.

 

2021. Chiara, il colore e Alice
di Francesco Oppi GUADO OFFICINE CREATIVE DAL 1969

Chiara, a dispetto dell’età, ha un approccio tecnico molto maturo e un’intensità creativa notevole. La sua formazione si basa su un percorso in Accademia di Belle Arti di Brera, una delle più valide e rinomate scuole d’arte europee; tra l’altro, è stata seguita dal professor Andrea B. Del Guercio, critico e storico oggi tra i più brillanti, sempre volto al sostegno e alla promozione dei giovani artisti.
Punti di forza del lavoro di Kia Ruffato sono sicuramente la sensibilità cromatica, che si potrà riscontrare osservando direttamente le opere (in particolare le inedite) in mostra, ma anche la cura raffinata della finitura: delle colature, degli strappi di materia, del lavoro anche “digitale”, inteso proprio come opera delle dita. L’artista infatti lavora direttamente con le mani su vari supporti oltre che con strumenti come spatole varie, pennelli, maschere ecc.
Seguo Kia da qualche anno, ha partecipato ad alcune edizioni di Inverart: il suo è stato, ed è, un percorso biografico ed artistico molto articolato, Chiara ama andare a fondo alle varie esperienze che le si propongono e questo si riflette con grande efficacia nei suoi lavori mai banali e delicatamente intensi. Dalle sue opere emerge una ricerca raffinata rispetto al rapporto tra figurazione e parola, tra concetto filosofico ed espressione visiva, tra organizzazione degli spazi, materia e cromaticità.
La proposta dell’elemento iconico arriva attraverso un lavoro di costruzione e decostruzione continuo in un confronto fitto e inaspettato tra l’artista e l’opera stessa che dialogano incessantemente fino al raggiungimento di una soluzione dove l’opera finalmente si apre all’osservatore con forte personalità. D’altra parte l’iconicità, che si presenta come centrale, è un pretesto che lascia spazio a tutte le campiture, ai “paesaggi” cromo-materici che accolgono, tra contrasti inaspettatamente armonici, le figurazioni stesse e i carrolliani giochi di parole che vorrebbero che fosse Alice a sciogliere il mistero di queste opere d’Arte.

 

2014. Kia Ruffato
di Silvia Fabbri

“Davvero sono sfuggenti e ingannevoli i sogni e non tutti si avverano, per gli uomini”

 Omero, Odissea

Nelle sue ampie e ricche tele, Kia sembra prediligere paesaggi e immagini quasi astratti, resi ancora più indefiniti da ampie sgocciolature di colore, con sovrapposizioni di materiali eterogenei e indefiniti, quasi a testimoniare le stratificazioni del lavoro, a lasciare tracce della memoria dei percorsi che hanno ispirato i tratti e i segni sulla tavola. Ma avvicinandosi a questo magma colorato, se si osserva bene l’immagine, abbandonandosi e lasciando spaziare liberamente lo sguardo su ogni punto della tela ecco che appare una figura, si intravedono oggetti, anzi, meglio un solo unico oggetto, straniante, che non dovrebbe essere lì. Una mongolfiera. Che cosa ci fa lì una mongolfiera, alta sullo sfondo del cielo, minuta ed apparentemente disabitata? È proprio una mongolfiera? Sì, e ce lo dice anche lei, con un gioco di parole quasi infantile “mo(n)gol(fiera)”che fa sorridere e sembra anche questo fuori posto, allusivo ad altro.

Come mettere insieme dettagli così spiazzanti, quale logica o messaggio ci stanno mandando? Solo i sogni ci regalano accostamenti così inconsulti, indecifrabili, che ormai adulti siamo abituati, ancora nel dormiveglia, ad accettare senza stupore, passivamente, alla ricerca di qualche indizio utile sulla nostra vita, e insieme considerandoli altrettanto reali di quanto ci circonda al risveglio. E forse è proprio questa la chiave di lettura delle forme degli oggetti. Kia, vuole rendere visibile a tutti il  linguaggio occulto dei sogni, fatto di segni e simboli, parti di un universo che cerca di comunicare con noi con mille voci e indizi. Come i fantasmi e le ombre, i sogni mettono in comunicazione le forze trascendenti, il mondo invisibile e la sfera umana, il visibile, nascondono e svelano insieme. Nei sogni, universali e immutabili nella loro simbologia, come in una sorta di vera e propria crittografia, appaiono all’improvviso parole e numeri enigmatici, senza senso compiuto ma che comunque cerchiamo di decifrare, sperando di esplorare nei misteri di un futuro sempre più difficile. Così ecco che anche sulle tele di Kia fanno capolino giochi di parole, calembour irriverenti, che suggeriscono soluzioni, interpretazioni, ma che forse,come nell’eterno gioco dei sogni,pretendono di avere valore di per sé a prescindere dal significato, ci vogliono solo sviare e far capire altro, lasciandoci all’oscuro della”vera stoffa dei sogni”. In un gioco di specchi deformante, al contrario, ecco che invece tra dietro la cortina delle velature di bianco evanescente ci appare una figura che occupa l’intera tela, e si indovina la sagoma di una matrioska, in una serie in cui a volte l’occhio percepisce subito l’immagine, altre è solo accennata; potrebbe essere anche una Madonna ,una santa forse anche solo un elemento architettonico dalle linee curve, una cupola. Così più che un rimando alla tradizionale iconografia popolare russa, sembra dominare la ricerca sul colore, alla ricerca di un’atmosfera rarefatta, che dia la sensazione di incompiuto, con rimandi ancora una volta al mondo onirico, che attraverso un soggetto condiviso e una catena di simboli parli direttamente a tutti.
In questo continuo gioco di mascheramento e di allusioni dunque, in questa ricerca delle varie possibilità espressive della materia, si ritrova dunque il filo conduttore che attraversa le opere dell’artista, che sembra disvelarci, in un rapporto leggero e fugace con il mondo,”l’ombra Della Saggezza dell’uomo”.